domenica 9 marzo 2014

APPROFONDIMENTO CRANIOSACRALE

L’approccio Craniosacrale ai disturbi del comportamento infantile

Principi metodologici ed esperienze cliniche
di Matteo Serafin, operatore craniosacrale ACSI

Tratto dalla sezione “Ricerca Scientifica” di www.giulemanidaibambini.org
Sezione a cura del Dott. Claudio Ajmone

Il metodo craniosacrale, di derivazione osteopatica, si è dimostrato efficace in molti casi per i disturbi del comportamento infantile, sia per quanto riguarda i bambini considerati iperattivi, o che soffrono di paure eccessive, frequenti mal di testa, difficoltà di concentrazione (che possono cioè rientrare nella sintomatologia ADHDi), che per quelli affetti da dislessia e altri disturbi più gravi fra cui l’autismo e le emiplegie spastiche. Tutti questi sintomi possono essere associati a particolari “rigidità” o disfunzioni craniche che coinvolgono le suture e le membrane durali attaccate alle ossa della volta e della base del cranio. All’origine di tali disfunzioni possono esservi, nella gran parte dei casi, traumi da parto non risolti (ma anche colpi alla testa o traumi sacrococcigei successivi). Il passaggio nel canale del parto espone infatti il cranio ancora molle a una forza compressiva che, pur costituendo di per se un impulso necessario e fisiologico cui l’organismo è programmato a rispondere con un’adeguata decompressione dall’interno, espone a possibili traumi e lesioni. Di norma i neonati riescono a risolvere spontaneamente la compressione da parto in modo naturale, mediante la suzione e con le spinte dei fluidi che rimodellano il cranio dall’interno. Talvolta però, quando sono stati superati i limiti fisiologici di mobilità e in presenza di particolari distorsioni delle suture, possono avere bisogno di un aiuto dall’esterno.

Il movimento respiratorio primario e il metodo craniosacrale

Il metodo craniosacrale è nato da una pionieristica sperimentazione effettuata nei primi anni del Novecento da un giovane osteopata americano, William Gardner Sutherland (1873-1954). Esaminando le ossa disarticolate di un teschio adulto Sutherland ebbe una luminosa intuizione che lo portò a mettere in discussione l’assunto dell’anatomia classica secondo cui le suture craniche negli adulti non consentirebbero movimenti tra osso e osso. Gli sembrò che in particolare le ossa temporali fossero simili a branchie, strutturalmente adatte a una sorta di movimento respiratorio. Per verificare empiricamente questa intuizione progettò un casco fatto di bende di lino e cinghie di cuoio con cui bloccare, nei vari assi di movimento, il cranio. Sperimentando sulla sua testa l’osteopata si accorse che comprimendo per un certo tempo il cranio in direzione latero-laterale o antero-posteriore conseguiva sintomi diversi, spesso di notevole intensità: cefalee, nausee, vomito, vertigini, disorientamento etc. Comprimendo invece la protuberanza occipitale, come avviene quando supini si appoggia il capo su una superfice dura, gli accadeva invece di provare un gran senso di riposo. Per spiegare questo rapporto causa effetto Sutherland ipotizzò quindi che il cranio abbia una sua motilità, che si esplica in impulsi ritmici che definì “movimento respiratorio primario”, o anche biblicamente “Respiro della Vita”. Ipotizzò che sia il liquido cefalorachidiano il vettore principale di questa “respirazione primaria”, già conosciuta e percepita presso diverse culture, e che proprio la circolazione di questo fluido all’interno del sistema nervoso permetta al corpo di preservare e trasmettere la salute fin dallo stato embrionale.
In fisiologia moderna si definisce sistema craniosacrale quell’insieme di elementi e di meccanismi che trasmette il movimento respiratorio primario in tutto l’organismo: il liquor viene generato nei ventricoli e riassorbito nello spazio subaracnoideo (corpuscoli del Pacchioni) fluttuando all’interno della dura madre dal cranio fino al coccige. Questa pulsazione continua determina la motilità del cervello dentro la scatola cranica, delle membrane a tensione reciproca (falce e tentorio) e delle suture craniche, così come della dura madre spinale che connette le ossa craniche all’osso sacro che “nuta” fra le iliache. La teoria oggi più accreditata è che questo impulso ritmico craniale percepibile in tutto il corpo avvenga mediante il ciclo di generazione e riassorbimento del liquido cefalorachidiano che bagna tutto il sistema nervoso come il liquido alcalino di una batteria.
Gli operatori craniosacrali percepiscono i diversi ritmi della respirazione primaria, detti
anche “maree” del corpo. Il più rapido e facile da registrare (anche con calibri meccanici) è appunto l’impulso ritmico craniale (IRC). Si tratta di micromovimenti ritmici nell’ordine di 10-25 micron, con un range ciclico che va dai 6 ai 13 cicli al minuto, che sono connessi con l’attività del sistema nervoso autonomo e in particolare con le risposte di adattamento allo stress. Le pulsazioni dell’IRC sono a loro volta espressione di ritmi più ampi e profondi, ovvero la cosiddetta marea media (circa 2,5 cicli al minuto) che si esprime con movimenti molto lenti di scivolamento e ammorbidimento dei tessuti, e la marea lunga (un ciclo ogni 90-100 secondi), che si avverte solo quando operatore e paziente si trovano in uno stato di profonda quiete psicofisica.
Importante è dire che, mentre la correzione osteopatica classica è in genere un intervento diretto sulla struttura di tipo puramente biomeccanico, con il metodo craniosacrale si agisce in modo più dolce mediante la potenza intrinseca del respiro primario. Più che attuare una manipolazione diretta sulla lesione, l’operatore craniosacrale facilita infatti un processo di rilascio (o rilassamento) nell’area della disfunzione, in feedback con il sistema nervoso. Il tocco è estremamente dolce e non invasivo, le mani sono come antenne capaci di “dialogare” con i tessuti e con le emozioni, accompagnando il sistema corpo-mente verso uno stato di maggior spazio e maggior equilibrio. Una volta che si riesce a entrare in contatto con le aree di stress, utilizzando un tocco particolarmente delicato e percettivo che il bambino sente subito amico, si possono avvertire rilasci di calore e di energia biocinetica. Quando questo avviene, possiamo aspettarci un miglioramento anche molto rapido, con un effetto a cascata sul resto del corpo. I tessuti riacquistano schemi di movimento più ampi e simmetrici. La risoluzione può essere soprendentemente rapida, così come può darsi che avvenga un’acuirsi dei sintomi che prelude alla cosidetta crisi di guarigione. A volte si ottiene addirittura una risposta immediata: ci sono stati casi in cui bambini ipercinetici si sono addormentati sul lettino.
Per facilitare questo processo di riequilibrio al contempo fisico e psicologico l’operatore craniosacrale deve essere pronto a entrare in risonanza emotiva con il suo assistito.
Tramite un ascolto neutro e sottili interazioni tattili viene facilitato di fatto un processo di liberazione somatoemozionale e di riorganizzazione neuromuscolosceletrica a partire dalla forza intrinseca del respiro primario.
Le disfunzioni che coinvolgono le principali articolazioni (o suture) della base e della volta cranica possono essere di vario tipo e gravità: dalle più gravi come le compressioni e gli strain (che come vedremo comportano in certi casi anche sindromi psichiatriche), alle torsioni e rotazioni della base cranica che possono implicare (ed essere implicati da) atteggiamenti scoliotici e altri disturbi compensativi della miofascia.

Craniosacrale e bambini

Per lavorare con i bambini esistono diversi protocolli, a seconda dell’età e del tipo di disturbo. Le sessioni di craniosacrale devono avvenire necessariamente in un clima di fiducia e di contatto anche emotivo, coivolgendo uno dei genitori (possibilmente la madre se si tratta di bambini sotto i 6 anni). Anche se con i bambini sotto gli otto anni la correzione della disfunzione deve avvenire con metodo diretto e biomeccanico, non deve mancare mai nell’approccio craniosacrale un ascolto biodinamico ed emotivo.
Anche per questo il metodo craniosacrale si rivela particolarmente indicato per i problemi che coinvolgono la sfera psico emotiva oltre che fisico strutturale.
Non di rado il facilitatore craniosacrale deve interagire in modo giocoso e dinamico per compenetrare gli schemi d’inerzia o i blocchi che sono all’origine del disturbo. Nel caso di neonati, il lavoro va impostato sempre insieme e anche a contatto con la madre, cercando di stimolare quell’attaccamento sicuro che è fondamentale in base alla teoria della regolazione. Anche i bambini nati con il parto cesareo possono essere aiutati a sfogare quell’energia cinetica che può essere rimasta loro addosso, non avendo potuto liberarla nel processo di modellamento in seguito al passaggio nel canale del parto.
Per questo le teste dei bambini nati con cesareo si percepiscono spesso relativamente dure e immobili. Viceversa, i bambini che sono rimasti incastrati nel canale del parto possono aver riportato cefaloematomi e contestualmente anche stiramenti (strain) o torsioni della base cranica. Mentre un cefaloematoma si riassorbe spontaneamente nel giro di qualche settimana, le disfunzioni articolari vanno corrette precocemente prima che le suture si calcifichino.
Fra gli allievi di Sutherland che hanno sviluppato in particolare il lavoro osteopatica craniale per i bambini spiccano la dottoressa Viola Frymann, fondatrice negli USA dell’Osteopathic Center for Children (OCC), e il dottor John Upledger, che per primo ha definito la terapia craniosacrale come un metodo distinto e autonomo dall’osteopatia (anche se molti osteopati praticano anche il metodo craniosacrale).
Occorre considerare che la figura del dottore osteopata e dell’operatore craniosacrale sono assai considerate in paesi quali Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna, e di norma le visite ospeopatiche sono una routine nei reparti pediatrici e neonatali. In Italia questo tipo di approccio alla salute è invece ancora relativamente poco diffuso, a causa forse di una serie di pregiudizi culturali, ma il metodo si sta diffondendo anche da noi integrandosi con la medicina tradizionale, in particolare in ambito fisiatrico e odontoiatrico.
Per farsi un’idea dell’importanza di una valutazione osteopatica precoce bisogna tenere presente quanto riferito dalla dottoressa Frymann in una ricerca pubblicata nel 1998, cioè che l'82 % dei neonati da lei visitati presentava problemi cranici di vario genere. Purtroppo tali problemi rimangono di solito invisibili per il pediatra, almeno fino a che non insorgono disturbi più gravi e insidiosi come quelli del comportamento.
Questo perché i sintomi riconosciuti dalla medicina classica e dalla psichiatria compaiono più tardi. Per questo motivo si raccomanda che ogni neonato il cui parto sia durato più di 8 ore o meno di 2 venga sottoposto a un controllo osteopatico dopo la nascita: una consapevolezza precoce del problema può aiutare a correggere subito disfunzioni che possono pregiudicare lo sviluppo e la piena salute del bambino. Non si tratta solo di eventuali disturbi del comportamento e del sistema nervoso, ma anche della postura (scoliosi), del sistema stomatognatico (malocclusioni), del sistema immunitario (otiti, sinusiti e infezioni microbiche ricorrenti dovute a ristagno dei liquidi per difficoltà di drenaggio).

Sindrome ADHD e compressione dei condili occipitali

I bambini classificati dagli psichiatri come ADHD presentano molto spesso una particolare disfunzione cranica detta “compressione dei condili occipitali”. Questa disfunzione si può verificare durante il parto quando la retroversione del capo va oltre i limiti fisiologicamente consentiti dall’articolazione occipitocervicale, e la parte condilare rimane impattata sull’atlante. Ne consegue una compressione della cerniera membranosa che connette i condili dell’occipite alla prima vertebra cervicale, compressione che investe tutta la porzione di base cranica attorno al forame magno dove passano importanti strutture nervose. La manovra per decomprimere e rilassare questa importantissima struttura anatomica ha in certi casi consentito di risolvere disturbi considerati “psichiatrici” di bambini patologicamente distratti o agitati.
Il problema più frequente nei bambini in età prescolastica o della scuola elementare è proprio la compressione dei condili occipitali. Se non precocemente risolta, questa disfunzione può favorire lo sviluppo della tipica sintomatologia ADHD (comportamento ipercinetico, timori esagerati, difficoltà di concentrazione). Secondo Frymann, il 95,5 % dei bambini considerati ipercinetici presenta un grado critico di compressione dei condili occipitali. Quando la correzione osteopatica va a buon fine, il bambino ipercinetico spesso si addormenta sul lettino. La decompressione della cerniera connettivale tra l’atlante e l’occipite provoca quindi un sollievo immediato al disturbo cronico, e una conseguente riduzione o risoluzione dei sintomi. Sono necessarie in genere circa quattro sessioni di osteopatia craniosacrale per ottenere una correzione duratura di questa particolare lesione.
Quanto scritto sopra certo non significa che tutti i disturbi siano dovuti a disfunzioni del sistema craniosacrale. Esistono altri fattori di ordine emotivo, psicologico, sociale e certo vi sono casi in cui l’approccio somatico craniosacrale non si è rivelato risolutivo.
Ma il livello di ascolto implicito in una sessione di craniosacrale, la particolare relazione che si crea, offre almeno un beneficio aggiuntivo: quello di stimolare una diversa consapevolezza in quanti si relazionano con il bambino (genitori, medici e insegnanti) che sono chiamati comprendere i cambiamenti fisici, psichici ed emotivi man mano che questi iniziano a manifestarsi, incoraggiandoli a loro volta.
Fra gli osteopati che hanno maggior esperienza in merito di disturbi del comportamento e alle sindromi psichiatriche vi è l’americano John Upledger, professore di biomeccanica presso la Facoltà di medicina osteopatica del Michigan e importante divulgatore del metodo craniosacrale. Upledger incontrò il Respiro della Vita durante un intervento chirurgico alla colonna vertebrale di un paziente. Quando il chirurgo gli chiese di tenere ferma la membrana durale, egli si accorse che essa continuava a muoversi ritmicamente sotto le sue dita, e che non c’era verso di tenerla ferma. Questa esperienza lo ha portato a studiare con rigore e metodo scientifico il sistema craniosacrale e a divulgarne il metodo anche ai non osteopati. Secondo le sue misurazioni per mezzo di calibri a tensione (pletismografia) l’ampiezza normale corrispondente allo spostamento laterale delle ossa parietali nella flesso-estensione craniosacrale sarebbe nell’ordine di 1 – 1,5 mm. Upledger riporta che nelle sindromi psichiatriche quest’ampiezza registra, nella maggior parte dei casi, una diminuzione all’incirca del 40%. Egli afferma inoltre che quando attraverso il trattamento craniosacrale è riuscito a riportare la mobilità della volta cranica a un livello normale, le sindromi psichiatriche sono migliorate molto, o addirittura scomparse.

Rigidità della base cranica e autismo

Quanto ai bambini autistici, è stato riscontrato che essi in molti casi presentano una restrizione importante nelle membrane intracraniche a livello della sincondrosi sfenobasilare, un’importante sutura cartilaginea al centro della base del cranio.
Questo è quanto è emerso da un pionieristico studio a cieco singolo effettuato dall’osteopata americano John Upledger alla fine degli anni Settanta, oltre che dall’esperienza clinica di molti operatori craniosacrali e osteopati. Upledger ha visitato 63 bambini definiti autistici dagli operatori sanitari, e valutati in precedenza dallo psichiatra Bernard Rimland, direttore dell’Istituto di Ricerca sul Comportamento Infantile di San Diego in California. Il risultato fu che “i bambini considerati autistici nel senso più classico del termine rivelavano nel trattamento craniosacrale il maggior grado di rigidità intracranica, mentre quelli considerati schizofrenici non rivelavano particolari restrizioni o lesioni osteopatiche”. Questa conclusione empirica rende l’idea di come e quanto i disturbi del comportamento possano essere determinati da disfunzioni somatiche piuttosto che da disturbi di ordine psicologico.
Una scarsissima mobilità delle membrane durali intracraniche è quindi riscontrabile in molti bambini affetti da sindromi autistiche. Buoni risultati per risolvere questo genere  di disunzione somatica sono stati ottenuti incoraggiando il respiro craniosacrale in tutto il corpo anche in trattamenti a quattro o più mani, e decomprimendo la sincondrosi sfenobasilare, grande “cerniera” cartilaginea ricca di cellule nervose al centro della base cranica, chiave di volta di tutta l’architettura craniosacrale. “Riteniamo che questa decompressione riduca un dolore cronico presente all’interno del capo (…) Una volta effettuate queste correzioni, il comportamento autolesionista scompare spontaneamente, o diminuisce di molto” scrive Upledger.
Certo, non possiamo sapere a priori fino a che punto un bambino autistico possa migliorare una volta che il suo sistema craniosacrale funziona meglio. La terapia craniosacrale può essere molto efficace e rapida, ma richiede anche molta pazienza e disponibilità a dialogare con l’intelligenza del corpo. Bisogna incoraggiare e facilitare il Respiro della Vita ovunque si trovi nel corpo, che è risorsa primaria di autoguarigione, prima di entrare nel fulcro della lesione primaria. Il processo terapeutico avviene quindi a partire dalla salute e dalla quiete che si fanno spazio nel caos e nell’inerzia.
Però ci vuole pazienza e disponibilità ad accettare quello che c’è per facilitare il cambiamento. Lo stesso Upledger afferma che “potrebbe essere necessario trattare questi bambini a scadenza settimanale per un anno prima di raggiungere un buon livello di correzione”.


*Matteo Serafin è operatore professionale di bilanciamento craniosacrale e di shiatsu.
Dal 2008 è iscritto all’ACSI (associazione italiana che riunisce gli operatori di
craniosacrale) e da anni svolge come giornalista pubblicista attività divulgativa
nell’ambito della salute e della natura, in particolare sulle discipline del benessere e
sulle medicine non convenzionali.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Beryl E. Arbuckle, “The Selected Writings”, 1994
Léopold Busquet, “Osteopatia Craniale”, Marrapese 1998
Viola Frymann, “The collected papers”, American academy of osteopathy, 1998
Thomas W. Meyers, “Meridiani Miofasciali”, Tecniche Nuove 2008
Erio Mossi e Fabiola Marelli, “Trattato di osteopatia Cranio Sacrale”, Edizioni
Marrapese 2002
M. Kern, “Craniosacrale. Principi ed esperienze terapeutiche”, Tecniche Nuove 2006
Sergio Santoni - "Il Sistema Cranio-Sacrale" - Ed. Armenia
Shea M.J., “Byodinamic craniosacral therapy”, 2002
W.G.Sutherland, “La Sfera Craniale”, Futura 1998
John E. Upledger Jon D. Vredevoogd - "Terapia Cranio-Sacrale" - Ed. Red 2002
J.E. Upledger, “Il trauma e la mente. Rilassamento somatoemozionale e oltre,

Marrapese 1998.

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