Ho pensato di pubblicare alcuni passaggi della mia tesi. Il
silenzio e la gestione dello stesso e'sempre stato, per me, argomento di grande
riflessione e approfondimento.
Silenzio
“C’è una sola via attraverso cui possiamo contattare gli
strati più profondi della nostra esistenza, ringiovanire il nostro pensiero
raggiungere l’intuizione e il silenzio interiore, bisogna esercitarsi ad
ascoltare i propri pensieri. Dopo aver padroneggiato l’ascolto interiore si può
procedere all’esercizio fondamentale, quello dell’allenamento al silenzio
interiore. "L’Io la fame e l’aggressività”.Così cita F.Perls in uno dei suoi
scritti.Parlare di Silenzio è una contraddizione in termini.
Silenzio come assenza o privazione della parola e il silenzio come comunicazione con un mondo altro, rispetto a quello della parola. L. Heilmann distingue tra “tacere” e "silère" dal latino, in cui sostiene che la differenza che caratterizza "sileo" e "taceo" l’uno di fronte all’altro sia da vedere nell’opposizione (valore positivo – valore negativo) tra la coscienza del silenzio come realtà in atto o si crea (sileo=positivo) e la constatazione del silenzio cioè assenza di qualcosa che da esso è negata (taceo= negativo).Con silenzio si intende la relativa o assoluta mancanza di suono o rumore; un ambiente che produce suono inferiore ai 20 decibel viene solitamente considerato silenzioso. In senso figurato, può indicare l’astensione dalla parola e dal dialogo.L’uomo Occidentale e l’uomo Orientale come vivono il silenzio?L’uomo occidentale è disposto ad ascoltare il silenzio?Per fare ciò, occorre che l’uomo occidentale si renda disponibile ad ascoltare, riconoscere e lasciar vibrare l’elemento orientale che è presente dentro di sé con tutte le tensioni che esso implica, tensioni che non occorre tanto risolvere o annullare quanto saper integrare nella propria persona. Il nostro agire quotidiano, possiamo dire che, è generalmente influenzato e condizionato dallo stile di vita sempre più imposto dal tipo di società in cui viviamo. Siamo così profondamente immersi nei riflessi prodotti dalla tecnologia e dal mercato di consumo che producono un rumore di fondo, che rimpiccioliscono e riducono sempre più i confini del tempo e spazio soggettivo. In questo frastuono tele-pubblicitario, l’unico silenzio che ormai si conosce è paradossalmente quello della morte o della rovina, nel caso peggiore è il silenzio della rassegnazione, dell’impotenza, sullo sfondo di un sentimento di annientamento. Quando non vi è realizzazione e pienezza interiore, l’uomo si proietta e cerca rifugio in un attività frenetica che lo mette in costante contatto con un identità provvisoria, ahimè illusoria! Spesso l’uomo occidentale identifica il senso della propria vita e del proprio agire con l’avere, si getta in un attività piena e caotica, per soddisfare i propri bisogni indotti dall’esterno.Per molte ragioni, vi sono popoli o epoche che sono aperte alla dimensione interiore del silenzio.L’uomo orientale, che rimane fedele ed ancorato alle proprie tradizioni, grazie alla sua cultura, è più vicino a questa dimensione dell’uomo occidentale.In effetti l’Oriente percepisce e vive ancora il silenzio come potenza che agisce nella profondità del proprio animo e che è in grado di discernere, riconoscere, sviluppare e proteggere. Esso si pone al centro di ogni struttura della vita e del mondo del soggetto e della società. Gli europei sono molto sconcertati dal Giappone a causa della sua insensibilità apparente al rumore. Ma in realtà questo è frutto di un lavoro interiore. L’uomo orientale acquisisce queste capacità per difendersi da quegli agenti che dall’esterno sono in grado di minacciare la sua struttura. Nella quiete e silenzio trova un profondo sentimento della vita, vi trova uno spazio in cui respira il suo essere essenziale, vi trova un centro che diviene uno col tutto. Non apprende, comunque, a coltivare il silenzio interiore solo per affrontare le traversie della vita, egli ricerca in questa essenza del SE’ stesso la forma di possesso duratura del proprio IO dentro.Il risultato spirituale è più importante del beneficio materiale.
Nella società dei Nativi Americani esisteva l’educazione al silenzio.
Silenzio come assenza o privazione della parola e il silenzio come comunicazione con un mondo altro, rispetto a quello della parola. L. Heilmann distingue tra “tacere” e "silère" dal latino, in cui sostiene che la differenza che caratterizza "sileo" e "taceo" l’uno di fronte all’altro sia da vedere nell’opposizione (valore positivo – valore negativo) tra la coscienza del silenzio come realtà in atto o si crea (sileo=positivo) e la constatazione del silenzio cioè assenza di qualcosa che da esso è negata (taceo= negativo).Con silenzio si intende la relativa o assoluta mancanza di suono o rumore; un ambiente che produce suono inferiore ai 20 decibel viene solitamente considerato silenzioso. In senso figurato, può indicare l’astensione dalla parola e dal dialogo.L’uomo Occidentale e l’uomo Orientale come vivono il silenzio?L’uomo occidentale è disposto ad ascoltare il silenzio?Per fare ciò, occorre che l’uomo occidentale si renda disponibile ad ascoltare, riconoscere e lasciar vibrare l’elemento orientale che è presente dentro di sé con tutte le tensioni che esso implica, tensioni che non occorre tanto risolvere o annullare quanto saper integrare nella propria persona. Il nostro agire quotidiano, possiamo dire che, è generalmente influenzato e condizionato dallo stile di vita sempre più imposto dal tipo di società in cui viviamo. Siamo così profondamente immersi nei riflessi prodotti dalla tecnologia e dal mercato di consumo che producono un rumore di fondo, che rimpiccioliscono e riducono sempre più i confini del tempo e spazio soggettivo. In questo frastuono tele-pubblicitario, l’unico silenzio che ormai si conosce è paradossalmente quello della morte o della rovina, nel caso peggiore è il silenzio della rassegnazione, dell’impotenza, sullo sfondo di un sentimento di annientamento. Quando non vi è realizzazione e pienezza interiore, l’uomo si proietta e cerca rifugio in un attività frenetica che lo mette in costante contatto con un identità provvisoria, ahimè illusoria! Spesso l’uomo occidentale identifica il senso della propria vita e del proprio agire con l’avere, si getta in un attività piena e caotica, per soddisfare i propri bisogni indotti dall’esterno.Per molte ragioni, vi sono popoli o epoche che sono aperte alla dimensione interiore del silenzio.L’uomo orientale, che rimane fedele ed ancorato alle proprie tradizioni, grazie alla sua cultura, è più vicino a questa dimensione dell’uomo occidentale.In effetti l’Oriente percepisce e vive ancora il silenzio come potenza che agisce nella profondità del proprio animo e che è in grado di discernere, riconoscere, sviluppare e proteggere. Esso si pone al centro di ogni struttura della vita e del mondo del soggetto e della società. Gli europei sono molto sconcertati dal Giappone a causa della sua insensibilità apparente al rumore. Ma in realtà questo è frutto di un lavoro interiore. L’uomo orientale acquisisce queste capacità per difendersi da quegli agenti che dall’esterno sono in grado di minacciare la sua struttura. Nella quiete e silenzio trova un profondo sentimento della vita, vi trova uno spazio in cui respira il suo essere essenziale, vi trova un centro che diviene uno col tutto. Non apprende, comunque, a coltivare il silenzio interiore solo per affrontare le traversie della vita, egli ricerca in questa essenza del SE’ stesso la forma di possesso duratura del proprio IO dentro.Il risultato spirituale è più importante del beneficio materiale.
Nella società dei Nativi Americani esisteva l’educazione al silenzio.
“Si insegnava ai bambini a restar seduti immobili e a
prenderci gusto. Si insegnava loro a sviluppare l’olfatto, a guardare là dove,
apparentemente, non c’era nulla da vedere, e ad ascoltare con attenzione là
dove tutto sembrava calmo. Nella società dei Nativi Americani esisteva
l’educazione al silenzio.Un bambino che non può star seduto senza muoversi è un
bambino sviluppato a metà. Noi respingevamo un comportamento esagerato ed
esibizionista poiché lo giudicavamo falso. Un uomo che parlava senza pause era
considerato maleducato e distratto. Un discorso non veniva mai iniziato
precipitosamente né portato avanti frettolosamente. Nessuno era obbligato a
dare una risposta. Il modo cortese di iniziare un discorso era di dedicare un
momento di silenzio a una riflessione comune. Anche durante i discorsi facevamo
attenzione a ogni pausa, nella quale l’interlocutore rifletteva.Per i Dakota,
il silenzio era eloquente. Nella disgrazia come nel dolore, nei torbidi momenti
della malattia e della morte, il silenzio era prova di stima e di rispetto. Era
così quando capitava qualcosa di grande e degno di ammirazione.”
Il tempo è morto, il silenzio è morto
ed anche la nostra società non si sente molto bene.
La vera oppressione è quella invisibile che fa credere di essere padroni
della propria individualità, e che invece sceglie per noi. Così fra rumore
assordante, chiasso e non più musica, caos, frastuono e non più armonia,
chiacchiera ininterrotta e non più dialogo, la scelta del silenzio, non esiste
più. ( Carlotta Maria Correra – 31 maggio 2014). E’ un fiume il silenzio, che
si ramifica in tutte le possibili forme, per sfociare a delta nel profondo mare
dell’interiorità. Vi sono molteplici nature assunte dal silenzio. Questo si
compone di infiniti volti ed infiniti corpi. Vi è il silenzio che manifesta
riservatezza, vi è il silenzio che minaccia ostilità o che annuncia collera e
rancore. Vi è il silenzio che crea ed accresce sensazioni di esasperata ed
indicibile intensità, vi è il silenzio che innalza la preghiera ed il silenzio
febbrile del dolore e dell’angoscia. Il silenzio in ogni caso è il ricco vuoto
che accoglie l’intero ventaglio d’emozioni quiete ed incandescenti, impetuose
ed anguste, palpitanti ed inaridite.Il silenzio, secondo Heidegger, è
primariamente propedeutico alla comprensione, in quanto permette una
partecipazione al dialogo ed in seguito consente l’elaborazione delle parole
udite. Una comunicazione, che si realizza in rigetto ininterrotto di parole, è
un esclusiva prevaricazione del soggetto che vuole imporsi, per mostrare sé o ,
meglio, per mostrare quel che si vuol far credere di sé. In tal modo il senso
da comprendere è totalmente oscurato, portando al finale, ormai ben noto, della
perdita di significato e di essenza della parola. Come anche Dinouart, nel
saggio “ L’arte del tacere” afferma che il silenzio è il presupposto del
dialogo, in quanto raggiungere uno stato di quiete, nel quale saper ascoltare,
è ciò che consente di avvicinarsi alla nostra essenza, ed è qui che nasce la
capacità di comunicare, con il mondo ed in particolar modo con noi stessi.
Senza dubbio anche nella poesia e nella letteratura il silenzio è d’essenziale
importanza. Edgar Lee Masters, riconosceva nel silenzio, la capacità di
esprimere l’inesprimibile “Per le cose profonde a cosa serve la parola?”. Ma il
silenzio è anche il ponte necessario per raggiungere la dimensione spirituale e
dunque per arrivare a Dio. […] E se nel
passato il silenzio, come sopra detto aveva un’ importanza essenziale, oggi la
nostra modernità ritiene che in nome dell’evoluzione, si debba rifiutare
l’antico, perciò, dopo la morte del tempo annunciata da Montale, vi è stata
l’uccisione del silenzio, eliminati entrambi perché strumenti di riflessione
interiore. Ed è proprio questo il punto che nell’era della riproducibilità
tecnica giungere al genocidio delle sensazioni e delle riflessioni, per
conseguire alla riproduzione del sentire, senza alcuna dimensione soggettiva,
diventa il traguardo ed inevitabilmente il tramonto della società. Il deserto
emotivo e riflessivo procura all’animo umano un’ apparente tranquillità e
benessere, perché permette di sfuggire a ciò che di più intenso e di più
difficoltoso esista, ossia alla conoscenza di sé e degli altri, ed è in tale
aridità che il potere agisce indisturbato. Senza alcun accorgimento il
linguaggio stereotipato si impossessa della nostra mente, avanza e distrugge
ogni originale riflessione creativa. Soppresso il silenzio, da qualsiasi tipo
di rumore martellante, che non è più sottofondo, ma sopraffazione delle nostre
vite, è soppressa, di conseguenza la dimensione soggettiva d’emotività e di
riflessione, l’oggetto del pensiero di massa è strettamente legato al suo
carattere di prodotto industriale e al suo ritmo di consumo quotidiano.[…].
Sono solo alcuni spunti di riflessione estrapolati anche da articoli pubblicati su quanto e come possa essere importante conoscere i diversi significati della parola SILENZIO.
Maria Lucia Devincenzi
Counselor ad indirizzo umanistico.
Operatore Reiki 2° livello.
Sono solo alcuni spunti di riflessione estrapolati anche da articoli pubblicati su quanto e come possa essere importante conoscere i diversi significati della parola SILENZIO.
Maria Lucia Devincenzi
Counselor ad indirizzo umanistico.
Operatore Reiki 2° livello.
Che articolo interessante, grazie Lucia per avercelo proposto!
RispondiElimina