giovedì 4 ottobre 2018

IL BLOG DI ANAHATA: “NATURE’S PATH”. IL SENTIERO DELLA NATURA PER IL BENESSERE

 IL BLOG DI ANAHATA: “NATURE’S PATH”. IL SENTIERO DELLA NATURA PER IL BENESSERE
 Di Filippo Vagli



Negli ultimi anni l’uomo si è sempre più allontanato dalla natura.

Fino a qualche decennio fa per ogni uomo era naturale passare diverse ore del proprio tempo libero passeggiando in un bosco, camminando per i sentieri di montagna, o trascorrendo giornate all’aria aperta seduto su un prato magari facendo un bel picnic in compagnia.

Oggi queste esperienze si sono sempre più ridotte ad eventi sporadici, eccezionali, e tutto questo ci racconta di come il nostro rapporto con la natura si stia sempre più perdendo.

Senza ombra di dubbio, il progresso e la tecnologia hanno modificato sostanzialmente il modo di vivere di ognuno di noi, allontanandoci sempre di più da quelle che sono le nostre origini e quindi affievolendo lo strettissimo legame che fin da sempre ha unito l’uomo con l’ambiente naturale.

Tutto questo ci ha fatto intendere la natura come un elemento residuale, non indispensabile, un qualcosa di cui possiamo tranquillamente fare a meno, riducendolo eventualmente a qualche giornata delle nostre vacanze.

Per svariati secoli l’uomo si è però mosso totalmente nei ritmi e con i ritmi della natura.

Si alzava al nascere del sole e si coricava al suo calare.

Lavorava molto durante la bella stagione e riposava d’inverno.

Si nutriva di quello che la natura gli offriva.

Uomo e natura camminavano insieme, parlavano la stessa lingua.

Oggi non è più così.

Ci si corica tardissimo la sera perché presi totalmente da televisione, social network, computer, smartphone.

Si lavora molto più d’inverno che d’estate, allontanandoci sempre di più dal tipo di energia cosmica di tali stagioni.

Ci nutriamo con cibo spazzatura, tossico a causa del suo bassissimo valore nutrizionale e all'elevato contenuto di grassi o zuccheri. Cibi di norma preparati industrialmente, ricchi in grassi saturi, sale e zuccheri raffinati e completamente carenti di tutti quegli elementi invece contenuti nei cibi naturali.

E non è finita qua; è in dirittura d’arrivo la “superpillola” che in una semplice capsula di origine chimica ci fornirà tutto ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere: calorie, carboidrati, proteine, vitamine e grassi.

Una scienza straordinaria quella chimica, che studia la composizione della materia e il suo comportamento relativamente alla sua composizione e che ha consentito la scoperta di molecole di grandissima importanza per la vita di ciascuno di noi. Senza la chimica molti di noi oggi non sarebbero in vita.

Ma l’altro lato della stessa medaglia è rappresentato dal fatto che la chimica, entrando prepotentemente nella nostra vita e nei nostri organismi, rappresenta anche uno di quegli elementi che ci ha portato ad allontanarci sempre più dalla via della natura.

Partendo dai cibi che quotidianamente ingeriamo e proseguendo con i farmaci, di cui tante persone oggi fanno un uso smodato e assolutamente ingiustificato (la stessa cosa vale per tanti “rimedi verdi”) possiamo affermare che la stragrande maggioranza di ciò che introduciamo contiene elementi chimici ed è diventato un’eccezione introdurre nel nostro corpo elementi naturali.

Di tutto ciò, per lo meno nell’immediato, non ci accorgiamo delle conseguenze che ci saranno.

Ma nel medio lungo periodo, tutta questa chimica fatta entrare costantemente dentro il nostro organismo, con grandi probabilità produrrà qualche danno. Somministrare ogni giorno ad una persona qualcosa che non fa parte della sua natura non è sicuramente una pratica di benessere e con ogni probabilità andrà a perturbare e perché no a modificare il nostro patrimonio genetico, portando i nostri geni a ribellarsi e magari ad impazzire

La concezione moderna del rapporto uomo-natura la ritroviamo anche nel pensiero scientifico, che ci ha dato l’illusione di poter gestire, controllare e dominare totalmente la natura, riducendola ad un elemento da sfruttare ai soli fini economico-commerciali.

Quando pensiamo alla natura la immaginiamo come una sorta di libro già letto che possiamo tenere chiuso, a fare bella vista nella nostra libreria.

Un libro antico, pieno di insegnamenti di cui possiamo tranquillamente fare a meno, perché noi oggi sappiamo già tutto.

Non ci rendiamo però conto che perdendo il contato con la natura, è un po’ come se avessimo perso il contatto con la nostra natura, con noi stessi, con nostra madre (madre terra), ed è come se fossimo convinti che un’automobile possa procedere anche senza volante, o un’imbarcazione senza timone, cose piuttosto complicate.

Se proviamo a considerare la nostra mente, il nostro cervello, come il seme della nostra pianta, la cellula primordiale da cui tutto nasce e si costruisce nel tempo, ci troveremo di fronte ad un’evidente analogia cervello-natura.

E con ogni probabilità, ci accorgeremo che l’atteggiamento mentale che abbiamo sviluppato nei confronti della natura troverà piena corrispondenza nel modo in cui stiamo sviluppando e plasmando il nostro cervello moderno.

Pertanto, anche il cervello dell’uomo moderno, sarà un cervello che si svilupperà allontanandosi sempre di più da quella che era la sua natura, dalle sue origini, dalle sue radici.

E siamo proprio noi a volere tutto ciò, esattamente come abbiamo scientemente deciso di allontanarci dal mondo della natura.

Recenti studi di neuroscienze sul cervello hanno messo in luce che diversamente a quello che si pensava fino a qualche decina di anni fa il cervello non è una struttura rigida, a compartimenti stagni (non è una sorta di computer) ma si è dimostrato essere una struttura molto plastica, in continuo cambiamento.

Lo possiamo infatti paragonare ad uno di quei giochi con cui i bambini possono sviluppare i tipi di costruzioni che preferiscono, dandogli una forma piuttosto che un’altra in base al modo in cui decidono di assemblare i vari pezzi a loro disposizione. Strutture che è possibile montare, smontare e rimontare ogni qualvolta lo si voglia.

Al nostro cervello possiamo quindi dare lo schema che noi vogliamo, esattamente come avviene in natura quando il contadino attraverso l’aratro smuove il terreno e lo prepara per una nuova lavorazione diversa da quella precedente.

Le tracce neuronali del cervello si ridisegnano in continuazione a seconda dei nostri schemi mentali, e quindi possiamo costruire il nostro cervello in un modo piuttosto che in un altro.

E il modo in cui l’uomo moderno sta rimodellando il proprio cervello, allontanandosi sempre più dalla propria natura, fa pensare ad una pianta che vuole crescere e svilupparsi in un luogo lontano dalle proprie radici. Ma questo non è possibile. Nulla di tutto ciò avviene in natura, tranne che nel mondo umano.

Così come in natura non esiste una pianta di ottant’anni anni che ne dimostra quaranta, mentre per l’uomo, grazie alla chirurgia estetica questo è diventato quasi una regola, alla quale chi non vi si attiene non è degno di stima sociale.

Non accettiamo più la nostra natura, che prevede di invecchiare, dal momento che l’invecchiamento è un processo naturale. In natura un frutto nasce, si sviluppa, matura e poi o viene mangiato o con il tempo si deteriora e muore. Ma per noi queste regole della natura non valgono più.

Così come non accettiamo più tutte quelle emozioni che sono connotate nella natura stessa dell’uomo.

Basti pensare a come oggi vengano considerate a livello sociale manifestazioni quali la rabbia, l’aggressività, la paura, mentre noi vorremmo solo la dolcezza, la calma, il coraggio.

Ma le emozioni esistono tutte. Sono manifestazioni naturali e persino necessarie.

Sono energie, forze, presenti dentro di noi, che devono mantenersi in equilibrio, che ci devono essere. La parola “aggressività” deriva da “adgredior” che significa avvicinarsi, andare verso, andarsi a prendere quello che ci spetta, quello che ci fa sopravvivere, e quindi di per sè non la possiamo considerare una manifestazione negativa, ma anzi, necessaria per la sopravvivenza. In natura esistono i leoni e gli agnelli, i lupi e le galline, le prede e i predatori, e quindi, tutto quello che c’è e che è stato creato ci deve stare.

Basterebbe osservare i nostri amici a quattro zampe che vivono nelle nostre case.

Un cane non imita quello che fa il gatto, ma segue la sua natura, e fa il cane.

Così come una piantina di pomodoro farà nascere dei pomodori e non delle albicocche.

Siamo solo noi che pensiamo di vivere all’interno di un grande allevamento artificiale dove possiamo diventare quello che non siamo, anzi, spesso esattamente l’opposto di quello che sarebbe la nostra natura.

E questo è quello che produce malattia.

Più ci allontaniamo dalla nostra natura, più è lunga la strada che abbiamo creato rispetto al nostro seme, al nostro Sé, più saremo preda di disturbi, disagi, malattie.

Basti pensare a patologie quali l’anoressia e la bulimia che hanno tra le loro cause (ve ne sono tante altre) modelli sociali assolutamente innaturali, come l’idealizzazione delle donne taglia trentotto, per cui se una ragazzina possiede qualche chilo di troppo rispetto a tali modelli, non si sentirà accettata né dal gruppo dei pari né tanto meno dal mondo.

Ecco il perché credo sia giunto il momento di considerare quanto sia importante riaprire quel libro impolverato che abbiamo abbandonato ormai da troppi anni sullo scaffale della nostra libreria. Quel manuale contenente i codici della natura, la mappa del nostro “nature’s path” ovvero del nostro “sentiero della natura”.

La via per raccordarsi con i ritmi della natura e con le sue leggi, riscoprendo il profondo legame che lega tutte le creature in un unico grande essere in una visione realmente olistica

 Filippo Vagli, Docente dell’Accademia di Naturopatia Olistica Anahata è Naturopata diplomato con lode presso Riza, Istituto di Medicina Psicosomatica, Counselor e Life Coach.
Da oltre 25 anni si dedica allo studio, alla ricerca e alla divulgazione della Naturopatia, della Psicosomatica, delle Filosofie Olistiche, delle discipline Bio-Naturali e di relazione di aiuto alla persona.


 
























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