IL BLOG DI ANAHATA: COME POTER CAMBIARE I NOSTRI STATI D’ANIMO
Di Filippo Vagli
Spesso viviamo
periodi contraddistinti da uno stato d’animo negativo ma ciononostante
continuiamo a fare le stesse cose, anche se un grande saggio come Albert
Einstein ci ha insegnato da tempo che “Se fai sempre le stesse cose otterrai
gli stessi risultati”.
Certo, fare cose
nuove significa cambiare e cambiare per l’animo umano è estremamente
complicato.Ci scontriamo infatti con il fenomeno della resistenza al cambiamento, un qualcosa di insito in ognuno di noi. Per noi il cambiamento è fonte di guai perché è faticoso, implica un notevole dispendio energetico, e quindi per pigrizia tendiamo a rimanere in quella che si chiama “Zona di Confort.
Ecco perché c’è chi
resiste per quarant’anni ad un lavoro che gli fa schifo, così come chi rimane intrappolato
a vita in un rapporto di coppia che non lo soddisfa. E lo fa perché stare lì,
rimanendo nel punto in cui si trova, è più facile e meno doloroso che cambiare.
Spesso cambiamo
quando non ne possiamo più, quando siamo realmente con le spalle al muro,
quando sentiamo di avere toccato il fondo, ma così facendo gettiamo al vento
gli anni più belli della nostra vita.
Inoltre oggi i
cambiamenti sociali viaggiano velocissimi e se non cambiamo anche noi allo
stesso ritmo riuscendo ad adattarci ai cambiamenti, vivere diventa un problema
e il nostro stato d’animo non potrà che essere negativo.
Cambiare non è
facile, ma la buona notizia è che è possibile farlo.
Cambiare è
possibile non tanto grazie al “pensiero positivo”, una scuola di pensiero che
non amo particolarmente, quanto grazie all’”atteggiamento positivo”, elemento
che è in grado di per sé di cambiare il nostro stato d’animo e la nostra vita.
E per farlo
esiste una parola d’ordine: l’azione.
Se vogliamo
dirigere la nostra vita, e non farci dirigere da essa, dobbiamo assumere il
controllo delle nostre azioni dal momento che ogni azione che compiamo innesca
necessariamente tutta una serie di conseguenze.
Siamo noi che
decidiamo continuamente il nostro presente, e il nostro futuro dipende in buona
parte dal nostro potere decisionale. Tutto è una decisione: il lavoro, la
carriera, la famiglia, i figli, la dieta, il fumo, il mutuo, la macchina. Se
solo ci fermiamo un attimo a pensare diventiamo consapevoli di quante migliaia
di decisioni abbiamo preso nell’arco della nostra vita.
Ogni qual volta
compiamo un’azione, attiviamo uno specifico percorso neuronale, e se questa
azione la compiamo dieci, cinquanta, cento, mille volte, essa diventerà una
nuova abitudine, che andrà a scalzare quelle che erano le vecchie abitudini, le
vecchie modalità, i vecchi atteggiamenti.
Compiere azioni
implica però spendere un po’ di fatica, ma è l’unica possibilità che abbiamo per
vivere una vita piena, per vivere felici e per goderci fino in fondo gli anni
che ci rimangono da vivere, che per altro non sappiamo quanti saranno.
Spendendo un po’
di fatica è possibile infatti uscire dal grigio in cui ci troviamo oggi.
Si, spendendo un
po’ di fatica, perché un po’ di fatica è necessaria per giungere a qualsiasi
tipo di obiettivo.
Ma molto spesso,
anziché passare per la via dell’impegno e della fatica siamo bravissimi nel piangerci
addosso. Abbiamo inventato una nuova arte, quella di creare gli “scusoni”, degli
alibi.
Per evitare di
compiere ogni azione che ci porterebbe verso un cambiamento c’è sempre una
scusa, così dietro ad ogni nostra sconfitta c’è sempre un alibi esterno.
Spesso nelle
consulenze di Life Coaching mi capita di suggerire alle persone di leggere, di
studiare, di andare a vedere mostre, di visitare città, di fare corsi, per
crescere, per migliorare le proprie competenze. E le risposte sono per lo più
che leggere piace poco, che studiare a una certa età è impegnativo, che per
viaggiare non c’è tempo, che i corsi sono lontani, costano troppo, e che quelli
che sono vicini e che costano poco sono poco qualificati
Scuse, solo
scuse, centinaia, migliaia di scuse, di alibi.
Bisognerebbe
avere il coraggio di dire le cose come stanno, vale a dire che leggere,
studiare, crescere e tutto ciò che porta verso un cambiamento di stato non
interessa, non è una priorità, soprattutto perché costa impegno e fatica.
Ma sono proprio
le difficoltà gli elementi che costringono l’uomo ad evolvere.
Se non
affrontiamo le difficoltà rimaniamo in uno stato neonatale, mentre affrontandole,
una volta superate, saremo diversi, saremo cambiati di stato e di conseguenza
avremo modificato i nostri stati d’animo.
Basta andare su
You Tube e digitare “Nick Vujicic”. Se già non lo conosciamo ci accorgeremo di
come questo ragazzo australiano nato senza gambe, senza braccia, con solo due piccoli
piedi (uno dei quali con solo tre dita) a causa di una rara malattia genetica,
fa tutto quello che vuole fare, mentre noi ci inventiamo mille scuse per non
fare quello che ci servirebbe, anche se abbiamo le gambe e le braccia.
Se aspettiamo
che tutte le condizioni siano ideali non faremo mai nulla, perché ci sarà
sempre qualcosa che non sarà perfetto. In Africa, così in tante zone del Sud
America c’è uno stato di povertà assoluta però la gente ride; a Milano c’è
ricchezza però sono tutti arrabbiati e ansiosi. Così come se ben ci pensiamo
quelli che noi chiamiamo problemi altro non sono che i desideri della maggior
parte della popolazione mondiale. Chi non riesce a mettere insieme un pasto
caldo per cena pagherebbe molto volentieri le tasse che paghiamo noi.
Nell’affrontare
il cambiamento dobbiamo considerare che il nostro cervello non riconosce la
diversità tra verità e fantasia; è infatti sufficiente immaginare di strisciare
le unghie contro una lavagna di ardesia per percepire i brividi lungo la
schiena e la pelle d’oca su tutto il corpo, esattamente come se quella azione la
stessimo compiendo realmente.
Ecco che il
nostro dialogo interiore, le domande che ci poniamo, le parole che ci diciamo
hanno un grande significato, pari a quello delle nostre azioni.
Ogni parola è ipnotica,
nel senso che, sia che a pronunciarla siano altre persone piuttosto che noi
stessi, produce grandi effetti nella mente della persona che la ascolta.
Le parole
possono farci ridere, piangere, ferire, guarire, ci possono portare speranza così
come disperazione, e quindi influenzano pesantemente i nostri stati d’animo.
Attraverso le
parole siamo in grado di esprimere i nostri desideri, i nostri sogni, i nostri
obiettivi, così come attraverso le parole possiamo arrivare a influenzare l’emotività
nostra e delle persone che ci ascoltano.
Le parole
toccano nel profondo e sono uno strumento importante di crescita; portano verso
l’azione, e l’azione crea il nostro destino. Le parole, soprattutto quelle che
diciamo a noi stessi, si sedimentano nella nostra mente e hanno un potere
incredibile.
Cambiando le
parole che ci diciamo in nostro cervello percepisce cose diverse e incomincia a
cambiare. Ecco perché per modificare i nostri stati d’animo è così importante provare
a cambiare le parole che normalmente utilizziamo.
I più recenti studi di neuroscienze hanno evidenziato che le parole che usiamo diventano la nostra esperienza e quindi se ampliamo in nostro vocabolario possiamo cambiare la nostra storia.
Quando ci
troviamo in uno stato d’animo negativo e stiamo provando un’emozione o una
realtà che non ci piace, spesso basterebbe incominciare a chiamarla in un altro
modo, con altre parole, con un sinonimo, per depotenziarla, riducendone
sensibilmente l’intensità.
Facciamo qualche
esempio concreto: abbiamo provato una forte delusione e questo ci fa stare
male. Anziché dire “sono deluso” proviamo a dire “sono contrariato”. Una nostra
attività non ha dato i risultati sperati e ci sentiamo in uno stato di
frustrazione. Anziché dire “ho fallito” proviamo a dire “ho fatto
un’esperienza”. Proviamo ad utilizzare il termine “pensieroso” anziché “triste”
o a dire “sono molto molto impegnato” anziché “sono molto stressato”, così come
pronunciare “meravigliato” anziché “deluso”.
In psicosomatica
si dice che il termine “devo” pesa come un macigno sulla nostra schiena. E’
sufficiente provare a sostituirlo con “posso” per fare in modo che il
percepito, per il nostro psicosoma sia un qualcosa di completamente diverso, di
molto più leggero.
Dobbiamo smetterla
di pronunciare le parole che non ci servono, che non sono adattive per noi. Smettendo
di pronunciarle riusciremo a ridurre intensità emotiva che l’eco di certe
parole producevano al nostro interno. Se riusciremo in questo intento, andando
quindi a trasformare il nostro vocabolario, percepiremo qualcosa di
completamente nuovo, diverso, e questo modificherà sostanzialmente i nostri
stati d’animo. Sarà quindi proprio attraverso l’uso corretto delle parole che possiamo
trovare quello stato d’animo che ci sarà più utile per le attività che dovremo
affrontare nella nostra quotidianità.
E se, nonostante
i problemi e le difficoltà che la vita quotidianamente ci propone, abbiamo deciso
che vogliamo essere felici, perché comunque se ben ci pensiamo nella vita di
ognuno di noi ci sono anche tante cose belle, alla domanda “Come stai?”
risponderemo “Molto bene, meravigliosamente bene”.
In quel momento i
nostri interlocutori ci guarderanno in modo strano, rimarranno spiazzati, dal
momento che la risposta standard a quella domanda di norma è: “Non c’è male”.
Ma per il nostro cervello, per il nostro psicosoma, per il nostro percepito,
c’è una grande differenza nel pronunciare “Molto bene, meravigliosamente bene”
piuttosto che “Non c’è male”. Gli effetti sulla nostra mente sono completamente
diversi.
Esistono studi
scientifici che dimostrano che enunciare ad un paziente oncologico che gli
rimangono solo sei mesi di vita fa sì che difficilmente questi vada oltre quel
termine. Comunicando invece ad un altro paziente con la stessa patologia la
stessa diagnosi ma senza menzionare alcuna tempistica, quasi sempre quella
persona supera abbondantemente tale periodo di vita.
Le parole che
applichiamo alla nostra esperienza diventano la nostra esperienza e quindi il
linguaggio e la scelta dei vocaboli costituiscono lo strumento principale del
nostro stato d’animo e quindi del nostro benessere.
Usandoli
saggiamente, immaginandoli come i semi della nostra pianta, essa stessa potrà
fiorire e diventare una solida guida per il nostro percorso terreno.
Usandoli a
sproposito otterremo nulla di più che una serie di erbacce.
Tutto è
difficile sino a quando non sappiamo come si fa.
Da
oltre 25 anni si dedica allo studio, alla ricerca e alla divulgazione della
Naturopatia, della Psicosomatica, delle Filosofie Olistiche, delle discipline
Bio-Naturali e di relazione di aiuto alla persona.
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